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IL FASCINO DELLA STORIA - L'INCANTO DELLA NATURA - L'ARTE DELL'OSPITALITÀ

'Facciamo gli italiani'. La scuola di Bivigliano e le donne Pozzolini:

storie da un 'altro' Risorgimento

‘L’Italia è fatta, ora bisogna fare gli Italiani!’ è una frase attribuita a Massimo d’Azeglio all’indomani dell’unità, quando un tasso di analfabetismo ben oltre il 70 per cento contribuiva all’incertezza dell’identità nazionale da poco conquistata.
Con parole diverse, si potrebbe dire che contribuirono al Risorgimento tanto le vittorie militari o le azioni della politica e della diplomazia, quanto l’istruzione nelle scuole. E se i primi due campi furono soprattutto - anche se certo non esclusivamente - appannaggio degli uomini, quello dell’insegnamento vide protagoniste tante donne, che dedicarono impegno, fondi ed energie alla formazione dei cittadini del nuovo stato unitario.
Tra queste, alcune esponenti di una borghesia illuminata che intesero portare anche in questo modo il loro contributo alla causa patriottica nazionale, fondando e sostenendo scuole pubbliche gratuite per il popolo. Una di queste scuole nacque a Bivigliano, proprio in queste stanze, per opera di tre donne, di cui oggi sono in pochi a serbare memoria:
 - l’energica matriarca Gesualda, patriota coraggiosa e instancabile filantropa, 
e due sue figlie:
 - Cesira, donna colta, scrittrice ed educatrice piena di umanità; 
- Antonietta, giovane sfortunata dalla breve vita.

Le scuole di Bivigliano, nate intorno al 1868, furono la prima forma di istruzione pubblica gratuita aperta a bambini e adulti di entrambi i sessi del territorio vagliese.

 

Ecco come sono descritte nel 1870:
‘Aperta una scuola infantile per le bambine ed i bambini dai tre ai nove anni, si sentì subito il bisogno, la necessità d’aprirne un’altra per le fanciulle ed i ragazzi di maggiore età. Non bastando al paese queste due scuole (...) la fondatrice e direttrice (...) aprì una terza scuola serale per gli adulti. (...) Gli alunni assommano adesso a 115 (...) 

Le scuole sono divise in cinque classi. I piccoli della prima classe imparano a conoscere le lettere, compongono sillabe, formano parole e s’avvezzano a contare al pallottoliere. Quelli della seconda classe leggono all’abbiccì, e sulla lavagna cominciano a fare delle aste e dei numeri. Gli alunni di terza classe leggono dei raccontini, fanno l’addizione e la sottrazione e scrivono al quinterno. Quelli di quarta leggono la storia sacra, copiano e scrivono di dettatura e si esercitano nelle quattro operazioni. Gli alunni di quinta leggono la storia romana, si esercitano a comporre, fanno operazioni e quesiti d’aritmetica. Tutti quelli delle tre ultime classi fanno figure geometriche sulla lavagna, conoscono la geografia dell’Europa, sanno elementi di scienze naturali e d’astronomia, sono bene esercitati nel nuovo sistema metrico decimale e dal catechismo imparano quali siano i doveri del cristiano. Le femmine poi s’esercitano a cucire di bianco e lavorar di sarta, da uomo e da donna, fanno calza e lavori all’uncinetto e ricami all’inglese’. 

Cesira, nel 1869, ne scrive al cognato Rosario Siciliani:

‘(...) la sala giù è la scuola, e gli scolari vi accorrono d’ogni parte. Domenica ebbero luogo gli esami (…). Oh se tu avessi vista la sala giù ed il salotto sul giardino! Gli scolari divisi per classi (...) davano saggio del loro profitto negli studii: là leggevano; qua scrivevano; da un lato, in faccia alla lavagna scioglievano quesiti d’aritmetica; a una tavola facevano figure geometriche dandone la definizione; altri componevano una lettera, altri un racconto storico; le bambine scrivevano a dettatura; e così i tavolini eran pieni (...) Poi c’era una lunga tavola piena di lavori donneschi d’ogni maniera; e un’altra coperta di quinterni scritti, grandi, piccoli, che formarono l’ammirazione di tutti’. 

Come scrive Gesualda in una lettera, nel 1885 l’attività didattica coinvolgeva 175 allievi

‘divisi in 7 scuole per il comodo di quelle sparse popolazioni, che sarebbe impossibile di riunire durante l’inverno! (...) [Recentemente] ne ho aperte due dietro Monte Senario in un paese detto Polcanto, ove accorrono molti boscaioli…’ 

Un numero di tutto rispetto, che spingerà Gesualda a formare istitutrici fra le sue stesse allieve.

La scuola e la sua organizzazione aperta destano ammirazione: 
‘Si può dire che la scuola Pozzolini è aperta a tutte le ore del giorno e della sera. (...) Lo scolaro può entrare nell’ora che più gli è comoda in quella scuola ospitale; è sicuro di trovarvi un maestro e una lezione. La domenica poi vi è insegnamento per tutte le classi riunite, quindi ha luogo una lettura di qualche racconto o una lezione morale, poi canti e giuochi. (...) L’insegnamento non è ristretto entro le pareti della scuola. La signora Pozzolini fa non di rado con i suoi allievi dei viaggi istruttivi. Un giorno fa loro fare una piccola gita in ferrovia, un altro li conduce a vedere la galleria dei quadri o qualche opera d’arte; or non è molto, essa volle far loro vedere il mare. 

‘Dalle 8 del mattino alle 11 di sera la villa Pozzolini accoglie ed ammaestra tutti quelli che vi vanno per tale oggetto (...) e per alcune classi si segue il sistema del mutuo insegnamento, che dà, come in Svizzera, ottimi risultati.’ 

Una osservatrice d’eccezione, Aurelia Folliero De Luna – direttrice della rivista ‘Cornelia’ – muove una critica:
‘Se innanzi ad un’opera di carità così fiorente qualcuno potesse avere l’animo di fare un appunto, sarebbe forse quello che tale istruzione è d’un ordine troppo elevato per scolari in quella condizione di vita; ma d’altra parte (...) gli uomini che hanno finito il corso elementare, anziché perdere le ore nell’ozio o in compagnie pericolose, è meglio vadano alla scuola ed imparino senza lungo tirocinio gli elementi delle lettere ed anche delle scienze. Così essi sanno cosa sia la bussola, il termometro, il corallo, la spugna; sanno trovare i meridiani ed i gradi di latitudine dei diversi paesi, conoscono i nomi e le scoperte fatte dai più grandi italiani, ecc. ecc.’ 

Ma la stessa Folliero deve scrivere che l’effetto di questa scuola è stato sorprendente:

 ‘Per giudicare qual bene abbia fatto alla civiltà questa scuola, basta il dire che solo 12 anni addietro credevasi in questo paese alle maliarde, agli spiriti buoni e cattivi, e dopo il tramonto non si ardiva passare presso di un gran masso che giace a piccola distanza dalla villa, poiché la fantasia paurosa di questi villici vedeva lì sotto una vecchia a filare; e più in là un pero era diventato vero oggetto di terrore, poiché un cane bianco, dicevasi, tutte le sere compariva a custodirlo. Se un giovane era affetto da polmonite si credeva stregato, e si andava in cerca di un’altra maliarda per sfatare l’incantesimo. E tutto ciò in pieno secolo decimonono e a dieci miglia dalla colta Firenze! Ora si ninnano i bimbi col racconto della vecchia che fila, il cane bianco non fa più paura a nessuno, e quando vi è un malato di polmonite si manda pel medico. Nel paese non vi sono più analfabeti, e colla istruzione i costumi divennero più morali e più civili. ’ 

Gesualda e la sua scuola avviano ragazzi e ragazze alla vita, danno loro possibilità nuove. Scrive Cesira in una lettera nel 1882:

‘I ragazzi, che diventati giovinetti, vanno soldati, guadagnano subito il grado di caporali, e una delle bambine, tolta al bosco e alla falce, istruita qui, ha preso il suo diploma di grado inferiore ed è la maestra del luogo. Ecco i frutti che si ricavano dalla scuola della mia mamma.’ 

Nella primavera del 1909, in occasione del  centenario della nascita di Gesualda, i suoi scolari con la maestra Rosa Naldi rendono omaggio a Bivigliano 

‘alla benemerita Fondatrice della scuola rurale (...) la quale tutta sé stessa consacrò al benessere e alla prosperità di quella popolazione. (...) Accorsero lassù da ogni parte i suoi antichi scolari, sempre memori e grati (...) Dalla sede della scuola si mosse il corteo; il ritratto della signora Gesualda fu portato innanzi come in trionfo. Lo seguivano ghirlande di fiori, la bandiera della scuola, la maestra, (...) tutte le alunne della scuola con rose nelle mani e tutti gli scolari con bandierine tricolori; alla popolazione biviglianese s’erano uniti uomini, donne, giovani e ragazzi venuti da Pratolino, dalle Caselline, da Polcanto, dalla Tassaia e da Vaglia. (...) Arrivato alla chiesa, il lungo corteo si fermò innanzi al porticato, dove sotto il loggiato era stata murata una iscrizione scolpita nel marmo [che] innanzi a tutti venne solennemente scoperta:

‘Con tenace sacrificio e profonda sagacità/ dedicando energie e ricchezze/ Gesualda Pozzolini/ fondò la scuola/ ove/ personalmente/ insegnò ai figli del popolo./ Nel centenario dalla sua nascita/ i suoi beneficati/ eternarono nel marmo/ la loro gratitudine./ 2 aprile 1909’ 

Rimossa dalla sua originale collocazione, oggi la lapide si trova a Bivigliano nell’edificio che fu in passato una sede della scuola e che attualmente è utilizzato come sede di un circolo ARCI, in fondo a quella che tuttora si chiama ‘via della vecchia scuola’. 

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